La delibera Cappellacci che prevede il blocco totale delle autorizzazioni per impianti eolici è finita massacrata dal Tar: i dieci ricorsi presentati da altrettante aziende sono stati tutti accolti dai giudici amministrativi. Le società potranno ora ripetere la procedura autorizzativa in attesa del secondo grado di giudizio: alcune saranno libere di riaprire i cantieri in cui i lavori erano stati avviati.
La vicenda è nota anche perchè ha attraversato i confini del tribunale amministrativo per finire in un’inchiesta penale. L’amministrazione Soru è stata la prima a legiferare sugli impianti a energia alternativa. Col piano paesaggistico ha piantato una serie di paletti giuridici attorno alle iniziative dei privati, poi ha circoscritto le aree dov’è possibile installare pale eoliche e stabilito i criteri per concedere i via libera. In sostanza Soru aveva confinato nelle zone industriali la maggior parte dei parchi eolici. Poi è arrivato Ugo Cappellacci, che mentre la Procura di Roma indagava sui traffici del faccendiere Flavio Carboni in Sardegna, legati proprio al business del vento, ha portato in giunta e approvato la delibera 10/3 del 12 marzo 2010, uno stop generalizzato a tutti i cantieri e a tutti i progetti in attesa di una regolamentazione più rigorosa.
Con quel provvedimento il governatore s’è piazzato nel bel mezzo di un guado giudiziario: da una parte indagato per corruzione con l’accusa di aver aiutato la P3 di Carboni, Verdini e compagni a far man bassa di aree per gli impianti da realizzare in Sardegna. Dall’altra paladino dell’ambiente, che al contrario di Soru non concede neppure un metro quadrato dell’isola ai signori del vento. Se l’inchiesta giudiziaria sembra finita nella risacca, i giudici del Tar sardo – prima sezione, presidente Aldo Ravalli, consigliere Alessandro Maggio, estensore Gianluca Rovelli – si sono rimboccati le maniche e hanno affrontato la sequenza terrificante di ricorsi piovuti nei loro uffici: le società produttrici di energia eolica non ci stavano a rinunciare ai loro affari. Ieri il malloppo delle decisioni è stato depositato in cancelleria e i numeri delineano una disfatta per la Regione: dieci ricorsi accolti su dieci sempre nella parte che riguarda lo stop imposto dalla delibera Cappellacci, con la Regione chiamata a versare pesanti spese di giudizio. I giudici hanno dichiarato illegittima la parte della sentenza in cui la Regione stabiliva di «limitare l’installazione di impianti eolici nel territorio regionale in quanto fortemente impattanti sotto l’aspetto paesaggistico-ambientale ai soli impianti destinati a soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda per autoconsumo e autoproduzione e di riservare alla Regione la partecipazione al processo produttivo di tale energia attraverso enti strumentali o societari a capitale interamente pubblico
». Secondo il Tar, come si legge in alcune delle sentenze «la produzione di energia anche da fonti rinnovabili avviene in regime di libero mercato concorrenziale, incompatibile sia con riserve e monopoli pubblici, sia con privative industriali. Si tratta – scrivono i giudici – di un’attività libera, soggetta ad autorizzazione e non si un’attività riservata ai poteri pubblici». Quindi, sentenziano i magistrati, un blocco totale non può essere ammesso: si ritorna al principio in base al quale ogni progetto dev’essere esaminato, valutato sotto il profilo dell’impatto ambientale e se la Regione decide di respingerlo deve spiegarne dettagliatamente i motivi.La conseguenza immediata delle sentenze non sarà la stessa per tutti, ma varierà in rapporto a ciascuna delle controversie. I giudici hanno dato ragione a Green Energy Sardegna (impianto di San Gavino Monreale), Das Villacidro (Villacidro), Pmb Engineering (Iglesias), Energetica Sarda (Sassari e Porto Torres), Fonteolica srl (Gonnesa), Fera srl (Sassari), Ravano Green Power (Suni), Fw Power (Porto Torres), Aper produttori di energia e al gruppo di otto imprese associate capeggiato da Anev, che vorrebbero costruire impianti eolico off-shore nel mare sardo. Cinque ricorsi sono stati accolti integralmente, gli altri per i giudici presentano alcuni punti di inammissibilità e di improcedibilità. Ora via al secondo round davanti al Consiglio di Stato.
Fonte: La Nuova Sardegna