La prima mostra? Alla Casa Bianca. Giorgio Casu, un giovane artista sardo, ha esposto una sua opera, raffigurante Obama, alla White House. Il suo dipinto (acrilico su tela) è stato scelto, tra altri centinaia, per una mostra allestita in occasione di un evento di beneficenza pro-Haity.
E’ arrivato là, nelle stanze del potere, di colui che decide le sorti del mondo. E sembra davvero una storia sorprendente quando la si sente raccontare da Giorgio, classe ‘75, capelli neri ondulati, occhi scuri, viso emaciato, che da San Gavino Monreale, un paese in provincia di Cagliari è partito, 7 anni fa, per inseguire il suo sogno.
Ma come può accadere che un ragazzo di un piccolo paese della Sardegna arrivi a esporre un proprio quadro alla Casa Bianca?
“E’ stato un processo graduale. A 18 anni mi chiedevano di fare qualche caricatura, tatuaggi in cambio mi davano dei soldi o mi invitavano a cena. A 19 ho fondato, insieme a un paio di amici, un’associazione culturale di fumetto”.
E poi, come mai dal fumetto sei passato ai dipinti?
“Non mi sono mai avvicinato all’arte, è Lei che si è avvicinata a me. In pratica ho sempre disegnato, anche da piccolo, insomma non è stata una scelta. Avevo 27 anni, quando ho realizzato il primo dipinto su tela, ero in Inghilterra, me l’aveva commissionato un tizio a cui chiesi solo 13 pound (il numero più sfortunato dell’ Inghilterra), lui me ne avrebbe dato di più ma io non accettai. Anche perché lui aveva pagato pennelli, colori, insomma i costi erano stati coperti” – dice sorridendo Giorgio-.Da allora non mi sono mai fermato, hanno continuato a chiedermi quadri, dopo 6 mesi avevo una mostra in una galleria dove vendevo già per 500 pound”.
Dunque non è stato tutto rose e fiori?
“Per un periodo ho dipinto le noci di cocco, quelle utilizzate come coppe del gelato, con cui tutti facevano i posacenere, io li dipingevo e gli facevo un buco in cui inserire la sigaretta. I cocchi diventarono famosissimi”.
Insomma uno il lavoro se lo inventa?
“Mentre lavoravo in un centro psichiatrico come educatore avevo aperto studio a casa mia, facevo i cocchi, e in più insegnavo arte in un istituto tecnico professionale, essendo laureato in Scienze dell’educazione”.
E poi come mai la decisione di vivere e lavorare a Ny
“Dalla Sardegna sono partito prima per l’Inghilterra, poi un breve periodo in Thailandia, fino ad arrivare in Australia, dove ho vissuto per 2 anni, continuando a viaggiare, scoprire, conoscere, sono stato in Indonesia, alle isole Figi, Ho dipinto più di 400 quadri in sei anni.
Ad un certo punto l’Australia è cominciata a starmi stretta, non mi dava più stimoli. Proprio in quel periodo incontrai una mia amica fotografa di Ny, Layla, che mi propose di trasferirmi nella Grande Mela per lavorare insieme a lei. E allora, quando il visto stava ormai per scadere, decisi che il prossimo passo doveva essere Ny, dove arrivai il 20 novembre del 2007”.
Com’è andata?
“Il 20 dicembre ho fatto una mostra lampo di un giorno. Quel primo mese a ny è stato uno dei più produttivi, avevo realizzato 7 quadri. Ricordo che il primo quadro a Ny è stato su Basquiat. Avevo deciso di fare un soggetto nero perché questa città mi ricorda la musica jazz, Harem, la cultura nera, la musica.Dopo la prima mostra sono arrivate tante richieste, contatti, e da li è cominciata la mia carriera newyorkese, circa due anni e mezzo fa”.
Fino ad arrivare alla White House, strabiliante…
“E’ stato un sollievo, era in ballo da due mesi, alla fine la mia amica Leila ha mostrato il mio dipinto del presidente agli organizzatori della mostra, che mi hanno chiesto se avessi voluto esporlo il lunedì successivo alla Casa Bianca”.
Immagino tu abbia chiesto un po’ di tempo per pensarci …
“La cosa incredibile è che il mio quadro diventerà parte della collezione permanente della White House”.
Cos’è l’arte?
“E’ fare quello che voglio, quando voglio. Un’immagine mi appare, e io la faccio”.
E l’originalità?
“Io faccio quello che mi va, poi se piace lo saprò dopo”.
Dai tuoi quadri emerge un talento giocoso ribelle, prendi le immagini e le stravolgi per ribaltarne il significato e comunicarci cosa?
“Voglio unire diversi stili, colori, culture. per creare una forma d’arte globale che poi è la metafora nel meltin pot newyorkese. Io dipingo quello che vivo andando in giro nel mondo.
Cosa vuoi fare da grande?
“Voglio fare l’artista e un giorno sperare di dare un colore alla Casa Bianca”
Fonte: Maria Luisa Giuliano, America Oggi del 22-06-2010