C’erano una volta miniere e grandi industrie, lotte operaie e buste paga. Pagine di storia. Ormai nella provincia col reddito pro-capite più basso della Sardegna si spera nell’agricoltura e, se non proprio nel turismo, almeno in qualcosa che somigli.
«È a picco anche il commercio, nei piccoli centri i negozietti se la passano malissimo. La colpa non è delle città mercato, che fanno il loro mestiere», sostiene l’imprenditore di Guspini Davide Ruggeri, «Sono i piccoli che devono attrezzarsi per combattere la crisi. Lo stesso discorso vale per il turismo, che ha l’improvvisazione come tratto distintivo. La soluzione? Prendere atto della morte della grande impresa e andare avanti».
Di questi temi si discute per le strade e nei bar dei ventotto Comuni legati da nastri d’asfalto rattoppati. L’uomo da battere è Fulvio Tocco e le sue sette liste, leader di un centrosinistra che durante la consiliatura ha perso qualche pezzo. Efisio Meloni , per dirne uno, ha lasciato il Pd per il gruppo misto prima di formare la Federazione Campidano. Oggi è il candidato del centrodestra: «Io traditore? Neppure per sogno. Tocco e la sua Giunta hanno governato da soli, senza collegialità. E poi un presidente che perde sette consiglieri qualche problema se lo deve porre. Invece lui non ha fatto neppure una telefonata». La replica di Tocco è altrettanto severa: «La collegialità non ci poteva essere perché nei momenti fondamentali Meloni non c’era. Assente all’approvazione dei bilanci 2007, 2008 e 2009, lo confermano i documenti ufficiali. Assente anche all’approvazione del Plus».
La genesi della candidatura del centrodestra fa capire che, in realtà, lo scontro è tra due anime del centrosinistra. L’abbraccio tra Meloni e il Pdl è stato inaspettato, dopo che il partito aveva sfogliato la rosa senza trovare il nome adatto: «Mentre il Pd non ci ha mai voluto incontrare, il Pdl ha tenuto presente la situazione del Medio Campidano, cioè l’essere una roccaforte del centrosinistra, e ha accettato il nostro progetto».
Due anni fa un’inchiesta Rai sulle nuove Province strappò un sorriso a mezza Italia. Durante l’intervista un politico del Medio Campidano sostenne che uno dei compiti fondamentali fosse tutelare la cultura locale (anche) con la sagra del melone in asciutto. Eppure da queste parti sono in tanti a difendere i confini provinciali costi quel che costi. Gabriele Littera , giovane e combattivo candidato presidente dell’Irs, è un’eccezione «Contro il mio interesse sostengo l’inutilità della Provincia. Se ne potrebbe fare tranquillamente a meno sostituendola con un’assemblea dei sindaci del territorio che, sino a prova contraria, rappresentano le varie comunità. A quel punto si potrebbero tagliare trenta incarichi e altrettanti compensi».
Le strade sono un problema storico, spesso sono poco più che tratturi. «Quelle esistenti sono impraticabili, quelle indispensabili non sono state tracciate», sostiene Onorato Serra , bandiera di Fortza Paris, «Per esempio manca un collegamento tra Montevecchio e la Costa verde, con un porto turistico e, soprattutto, commerciale. Le merci potrebbero arrivare direttamente a destinazione riducendo il costo del trasporto». Lo stesso discorso vale per la circolazione dei prodotti locali: «Avrebbe un senso scommettere su alcuni importanti progetti per l’agricoltura, magari superando le divisioni e dando vita a grandi cooperative».
Nel Campidano in crisi si fa presto ad essere considerati nemici. Mauro Senis (Malu Entu) è sicuro di aver individuato l’avversario numero uno: «Equitalia sta strozzando gli agricoltori e gli imprenditori. Bisognerebbe chiudere gli uffici per impedire alla società di drenare la poca liquidità che circola in questa provincia». Soldi che potrebbero essere investiti «nella corsa all’indipendenza alimentare, producendo ortaggi e cereali per tutta la Regione».
Su un punto centrodestra e centrosinistra non possono fare a meno di essere d’accordo: il rilancio dell’ospedale di San Gavino. Efisio Meloni sottolinea «la mancanza di un’unità coronarica», Fulvio Tocco non riconosce neppure la dignità di ospedale, al massimo grande poliambulatorio: «Siamo l’unica provincia a non avere un ospedale vero e proprio. È una situazione non più tollerabile». Resta da capire cosa rimarrà dei proclami quando le urne saranno chiuse.