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lunedì, 30 Dicembre 2024

La rivolta delle emittenti regionali

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Le tv locali: «L’Authority ci fa scomparire dal telecomando»

Digitale terrestre
Digitale terrestre
La Sardegna è stata la prima regione a fare da cavia nell’esperimento del digitale terrestre e ora rischia la beffa. Le televisioni dell’Isola potrebbero sparire nel confusissimo sistema delle mille emittenti lanciate sui decoder. La decisione dell’Agcom, il garante per le comunicazioni, di assicurare i primi nove posti nel telecomando alle tv generaliste nazionali fa cadere una nuova tegola su un sistema televisivo regionale già messo quasi in ginocchio dall’introduzione del digitale terrestre. Nessuna emittente sarda potrà più essere registrata nei canali a una cifra e dovrà accontentarsi, nella migliore delle ipotesi, delle caselle dal decimo al diciannovesimo posto.

LA NOVITÀ In base allo schema approvato dal consiglio dell’autorità di garanzia, i numeri dall’1 al 9 verranno assicurati in modo automatico ai tre canali Rai, ai tre di Mediaset, alla 7, più «due da definire». Lo schema, focalizzato sugli equilibri politici nazionali potrebbe portare a un secondo canale del gruppo Telecom (titolare della 7) e uno del gruppo Repubblica-Espresso (Repubblica tv?). Slitterebbero così più avanti tutte le emittenti sarde. Quelle con «un particolare valore e radicamento nel territorio» potranno contare sui canali dal 10 al 19, le altre finiranno tra i canali compresi sull’asse tra 70 e 100.

LA PROTESTA «Ci hanno intrattenuto per vari mesi a Roma, con una serie infinita di riunioni. E ci hanno anche detto che, al massimo, dopo i primi otto canali nazionali ci sarebbero stati quelli sardi», si lamenta Giorgio Mazzella, editore di Sardegna Uno. «E invece ora l’Agcom ha praticamente formalizzato un attacco che era già stato fatto partire da qualche tempo dalle tv nazionali. C’è stato l’arrivo di Mtv al numero 8, di Deejay tv al 9 e di Cielo al 10». Il problema sardo potrebbe sbarcare presto nella Penisola, «ma per ora riguarda noi, che dovremmo essere tutelati dal consorzio del digitale terrestre». Per questo, Mazzella sollecita un cambio di rotta «dell’Agcom e del governo nazionale». Fondamentale, per il patron di Sardegna Uno, «l’intervento del governatore Ugo Cappellacci, che deve far sentire la sua voce a Roma».

«AZIONE GRAVE» L’amministratore delegato di Videolina Federico Marturano parla di «un provvedimento molto grave, che rischia di accentuare il calo degli ascolti delle emittenti regionali, scaturito dal famoso switch-off dell’analogico nell’ottobre del 2008». La confusione generata dal digitale terrestre aveva già prodotto «un sensibile calo degli ascolti e del mercato pubblicitario», che poi è quello che sostiene le emittenti. Il manager della televisione cagliaritana sottolinea che la scelta di Agcom «rischia di causare ulteriori danni, mettendo a dura prova l’informazione regionale dell’Isola, ormai da tantissimi anni radicata in un territorio particolare come la Sardegna». E «non mi sembra che nei canali nazionali si dedichi tanto spazio alle vicende di casa nostra». Marturano è certo che «il problema interesserà nel tempo tutte le regioni» ma che «ora riguarda soprattutto la Sardegna, che si è impegnata sin dalla prima ora nell’avventura del digitale terrestre».

LOGICHE POLITICHE Il vicepresidente di Videolina Carlo Ignazio Fantola va all’attacco: «Stanno schiacciando come noccioline le televisioni regionali per far spazio ai potentati politici nazionali», sottolinea Fantola. «Con queste logiche scompare il federalismo televisivo che avrebbe dovuto garantire la molteplicità dell’informazione. Ogni regione italiana avrebbe dovuto avere sette canali generalisti nazionali, più due locali. Si sono presi tutto».

LE DIFFICOLTÀ C’è anche chi parla di «pasticcio all’italiana» che sta interessando il digitale terrestre. Nardo Marino, caporedattore nella testata giornalistica di Cinquestelle, mette l’accento su «un passaggio al nuovo sistema senza capo né coda». E «la decisione dell’Agcom è l’ennesima azione sbagliata in una strategia sbilenca». Dalla redazione della tv di Olbia parte un attacco frontale: «Questa è una storia che ha distrutto le emittenti regionali. E meno male che dovevamo essere la regione pilota, quella dove sarebbe nata la televisione interattiva». Invece, ora i problemi «sono pesanti», sottolinea Marino. «C’è stato un calo della pubblicità e una tv privata ne ha bisogno come dell’aria». Nel mirino finisce «il problema della visibilità delle emittenti locali. Gli spettatori non riescono a trovare i canali, perché le numerazioni cambiano continuamente».

«VOGLIAMO CERTEZZE» L’effetto digitale si fa sentire anche a Nova tv, a Oristano: «Noi non aspiriamo ai primi posti del telecomando», osserva il direttore Giorgio Mastino. «Sarebbe sufficiente avere la certezza di un numero di canale stabile». Invece, «finora è sempre avvenuto il contrario. Basta cambiare località o decoder e il segnale viene registrato su un canale diverso». Il risultato è deprimente: «Ogni giorno riceviamo chiamate di utenti che hanno perso il segnale e non riescono più a ritrovarlo. Se non si interviene in tempo, si rischia il naufragio definitivo delle emittenti locali».

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